Dopo una delle piu’ turbolente traversate mai fatte, finalmente arriviamo ad Apia, capitale delle isole Samoa.

Le isole Samoa si sono sempre divise in Samoa occidentali che sono ora uno stato indipendente e si chiamano semplicemente Samoa e le Samoa orientali che si chiamano Samoa Americane e sono territorio USA.

Le Samoa occidentali sono state all’inizio del 900 una colonia tedesca per una decina di anni ma poi sono passate sotto il protettorato neozelndese da cui hanno poi ottenuto l’indipendenza nel 1962. L’isola principale è Upolo dove sorge la capitale Apia ed è dove noi buttiamo l’ancora.

La popolazione è di circa 230.000 abitanti e il cristianesimo è la religione piu’ diffusa…. e sono molto praticanti perchè ci sono piu’ di 500 chiese sull’isola.

Due giorni prima di arrivare abbiamo inviato per email il pre-arrival-form per informare della nostra entrata nel paese e appena entrati nel golfo di Apia abbiamo chiamato il porto sul canale 16. Sono subito arrivati a bordo due ufficiali: il Port Authority e quello della Biosecurity. Dicono che non hanno ricevuto l’email per cui dobbiamo ricompilare i form e fare vedere un po di altri documenti. Il check all’interno è molto sommario e veloce: chiedono dei soft drink e si accontentano di acqua tonica e coca cola. Una volta che questi sono tornati a terra, ci chiamano ancora sul vhf 16 e dobbiamo andare noi con il Potino a prendere altre 3 signore del Customs e Immigration…anche qui i soliti infiniti form da compilare e vogliono caffè cappuccino e biscotti…due giri! Pero’ sono molto cordiali e socievoli anche se non sanno dove sia Bora Bora da dove arriviamo. Le riaccompagniamo a terra e poi finalmente possiamo ammainare la bandiera gialla e mettere i piedi sulla terra ferma anche noi. Ci rilassiamo al baretto del porticciolo e ci facciamo una ben meritata birretta.

Conosciamo Lavi, un grosso taxista che si propone di accompagnarci domani a fare il giro dell’isola, nella trattativa aggiungiamo l’accompagnamento al supermercato dove troviamo della buona frutta e verdura ma a prezzi altissimi e non è nemmeno di importazione. Proprio non capisco perche su queste isole dove sembra che basti lanciare i semi per terra per veder crescere qualunque cosa fanno cosi fatifica a coltivare e mele e pomodori diventano merce preziosissima.

Quasi tutti, sia uomini che donne, indossano il pareo che si chiama “lavalava”….in realtà un poco “rivisitato perchè ha anche le tasche

Sistemata la spesa ci facciamo belli e, dopo piu’ di 3 settimane andiamo fuori a cena nel ristorante consigliato da tutti: il Paddle gestito dalla famiglia Rossi originaria di Vittorio Veneto. Mangiamo benissimo e i proprietari ci raccontano la loro storia.

Come da accordi, la mattina del secondo giorno alle ore 9 Lavi il taxista ci aspetta all’arrivo del dinghy dock e ci porta a fare il giro dell’isola

Per prima cosa andiamo a vedere la casa dove lo scrittore Robert Louis Stevenson (1850-1894) visse gli ultimi anni della sua vita e dove è anche sepolto. I suoi libri piu’ famosi sono “l’isola del tesoro” e “lo strano caso del Dott. Jackill e Mr Hyde” ma in realtà ne scrisse tantissimi. Era già molto noto ai suoi tempi e con la scrittura riusci a fare una vita abbastanza agiata; nel 900 invece la critica lo categorizzo’ non correttamente come scrittore per ragazzi.

Una ragazza Samoana ci porta a visitare la casa che è stata la prima a due piani dell’isola, è ovviamente tutta in legno con ampie terrazze dove proteggersi da sole e pioggia,ha una cucina in una casetta separata in giardino per evitare rischio di incendio. Stevenson era scozzese e ha sempre avuto problemi di salute e quindi ha viaggiato molto nel Pacifico tra Hawaii e Nuova Zelanda cercando di stare in posti che giovassero ai suoi polmoni e alla fine ha scelto Samoa per costruirsi la casa poco fuori Apia. Non ebbe mai figli suoi ma visse con i due figli di sua moglie Fanny, americana divorziata di 10 anni piu’ vecchia di lui, anch’essa scrittrice e sua musa: una figura energica e avventurosa e all’avanguardia per quei tempi. Rimaniamo molto colpiti da tutti i racconti e ci scarichiamo subito sul kindle alcuni libri.

Proseguiamo il nostro viaggio e vvisitiamo una chiesa modernissima in cima alla montagna che è fatta a forma di octopus, circolare e tutta circondata da finestre e giardini verdissimi. Davvero inaspettata.

Vediamo le cascate di Papapapaitai e le piccole cascate di Togitogiga dove Fabio fa anche il bagno nell’acqua fredda che scende dalle montagne (ma che nomi! sono tutti una ripetizione di sillabe)

Arriviamo quindi ad una delle principali attrazioni dell’isola che è To Sua Ocean Trench che vuol dire “grotta per nuotare”. E’ un buco scavato nella falesia che si è generato in seguito a differite eruzioni laviche e che contiene, ad una profondità di 30 metri, una piscina di acqua di mare che entra da un tunnel e dove si puo’ nuotare. Ovviamente scendiamo la ripida e scivolosa scala che non ha nessuna protezione di sicurezza e ci facciamo il bagno tenendoci a funi per non essere trascinati dal risucchio delle onde. Questa grotta, insieme ad altre piu’ piccole, si trova all’interno di un enorme giardino verdissimo affacciato sull’oceano e su una spiaggia bianca

Proseguiamo sulla costa dell’isola e andiamo a Taufua Beach Fales per un pranzetto “samoano” sulla spiaggia bianche in vista dell’isolotto). Il piatto tipico samoano si chiama Oka ed è molto simile al poisson cru della Polinesia francese (pesce crudo con latte di cocco e lime).

Sulla strada del ritorno facciamo una sosta a vedere la cascata di Sopoaga e li’ Lavi ci fa vedere come si ottiene il latte di cocco: aperta la noce che è stata lasciata a seccare, si gratta finemente la parte bianca e poi si strizza il granulato dentro ad una specie di retina fata con la barbetta della noce di cocco stessa. Abbiamo sempre usato il latte di cocco ma non sapevamo come si facesse…. quante cose si possono ottenere da un semplice frutto come questo: acqua super rinfrescante, olio, latte, farina, il tessuto copra e poi dalle foglie cesti e stuoie.

Tornati ad Apia andiamo subito all’Immigration per fare la procedura di uscita perchè dobbiamo partire domattina presto per prendere una finestra di tempo favorevole che capita ogni due settimane per andare alle Tonga. Gentilmente ci timbrano i passaporti anche se siamo oltre l’orario di chiusura e poi andiamo al Custom…che ovviamente è dall’altra parte della baia ma per fortuna Lavi ci accompagna avanti e indietro.

Facciamo un veloce giro al mercato coperto e poi vengo lasciata allo Sheraton per …..un massaggio: era una promessa fatta durante i deliri del mal di mare degli scorsi giorni :). Ovviamente meraviglioso!

Fabio va in barca a cambiarsi e prendere dei vestiti anche per me e poi ci vediamo per un aperitivo allo Sheraton prima di andare ancora a cena da Paddle

2 Comments

  1. Anonymous

    Comunque in posti così, fa effetto vederti seduto a Taufua Beach ad un tavolo che sembra fatto in rattan sintetico con vetro di copertura 😳

  2. Luciano Bertuzzi

    Comunque in posti così, fa effetto vederti seduto a Taufua Beach ad un tavolo che sembra fatto in rattan sintetico con vetro di copertura 😳

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